Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/63

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dare questo suono alla lingua italiana, scrivendo vari, temerari, necessari, avversari, in luogo di varj, temerarj, avversarj, o varii etc Quantunque Dante abbia detto vari e avversari, non si dee prendere in questo lautorità dei poeti, e principalmente quando usan così fatte forme per amor della rima. Come che queste cose possan parer triviali , bisogna non ostante fissarle an-* eh* es&e una volta , acciò che ogni cosa concorra alla precisione ; e forza è che , chi scrive in questa mate- ria 9 dica in ogni cosa è o non è , come io intendo di fare da un capo air altro di questo mio lavoro, a fia che non faccia vacillare chi gli tien dietro* Se sarò trascorso venga chi dica meglio e con migliori ragio- ni , e io son disposto a ravvedermi de* aiiei errori. Yi sono inoltre dei nomi che formerebbero equivoco , non distinguendoli nel plurale per la loro propria termina- zione, come sono consetvatore e giudice^ il plorale de* qua- li è conservatori con i* o stretta, e giudici con T accen- to su r u; e conservatorìa e giudicio^ che fanno consenta* torj con Va larga, e gituUcj con V accento in su Vi. Augu^ re e augurio^ con diverso accento, fanno auguri e augurj.

I nomi che terminano in glio, cio, gio, si fanno plurali col togliere Y ultima vocale; non essendo po- sta r I nel singolare per altro che per ammollire il suono di quelle sillabe ; il qua] suono si conserva pa«  re nel plurale con una sola i. La terminazione chio segue r istessa regola di queste tre , quantunque , per quel che abbiamo detto sopra , sarebbe più ragione- vole fare il plurale in chjo chii^ ma quando T accen- to fosse sopra Vi della desinenza come in rarrmuirickìo^