Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/98

Da Wikisource.

V è: Deh^ fammi questa grazia^ w. È bella manierale spesso occorrente nel parlar famigliare . «  I. Odi tu quel eh* io 9 marito mio? B. 2. Eccomi^ che domandi tu ? B. 3, TU stai così malinconoso ; dinne alcu^ na cosa. B« 4* Questo non è già quello che tu ne venisti a dire. B. 5. Meco ti consiglia* B«  Quando il nome personale rappresenta V agente , si può sottintendere ; ma non già allor che due agenti sia- no posti in confronto, come nel primo esempio tu ed io* Ancora^ si vuol esprimere 1* agente quando porta la en- fasi della proposizione, come Io scoglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza , che ricchezza che abbia bisogno d’uomo* B. £ cosi vi son tanti altri casi che do- maodan 1* agente, e dipendono dal sentimento di chi par- la. La voce ecco^ dal latino ecce^ corrispondendo a (^0-* dele, vnol Toggetto dopo di se; quindi si dice eccomi^ eccoti^ eccolo. La particella ne^ nel terzo e quarto esem- pio, è nome personale equivalente a e/, e può rappresen- tare il dativo e V oggetto* Si dice anche meco^ teco^ se- co , in luogo di con me^ con te, con se. Seco può stare pare in vece di con lui e con lei. I Fiorentini dicono e te come stai^ in luogo di e tu come stai^ adoperando 1* oggetto per V agente, che è er- rore da guardarsene. Noto gli errori de* Toscani, perchè SOD quelli che ne fanno meno nel parlare •