Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/404

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1930: (miscellanea) 397 ghesia non riesce a educare i suoi giovani (lotta di generazione): i giovani si lasciano attrarre culturalmente dagli operai e addirittura se ne fanno [o cercano di farsene] i capi («inconscio» desiderio di realizzare essi Pegemo|nÌa della 68 bis loro propria classe sul popolo), ma nelle crisi storiche ritornano all’ovile. Questo fenomeno di «gruppi» non si sarà certo verificato solo in Italia: anche nei paesi dove la situazione è analoga, si sono avuti fenomeni analoghi: i socialismi nazionali4 dei paesi slavi (o socialrivoluzionarib o na- rodniki ecc.). § (138). I nipotini di Padre Bresciani. Alfredo Panzini. Ho già osservato in altra nota1 come F. Palazzi, nella sua recensione del libro di Panzini I giorni del sole e del grano, osservi come lo spirito del Panzini sia piuttosto quello del negriero che non quello di un disinteressato e candido georgico. Questa acuta osservazione si può applicare non solo al Panzini, che è il tipo di un’epoca. Ma un’altra osservazione di costume fa il Palazzi che è strettamente legata al Panzini e che si ricollega ad altre osservazioni da me fatte (a proposito dell’ossessione del Panzini per la «livida lama» ecc.)2. Scrive il Palazzi (ics, giugno 1929): «Quando (il Panzini) vi fa l’elogio, a mezza bocca, del frugale pasto consumato sulle zolle, a guardarlo bene vi accorgerete che la sua bocca fa le smorfie di disgusto e nell’intimo pensa come mai si possa vivere di cipolle e di brodo nero spartano, quando Dio ha messo sotto la terra il tartufo e in fondo al mare le ostriche. {...). "Una volta - egli confesserà - mi è venuto anche da piangere”. Ma quel pianto non sgorga dai suoi occhi, come da quelli di Leone Tolstoi, per le miserie che sono sotto i suoi occhi, per la bellezza intravista di certi umili atteggiamenti, per la simpatia viva verso gli umili e gli afflitti che pur non mancano tra i coltivatori rudi dei campi. Oh, no! egli piange perché a sentir ricordati certi dimenticati nomi di masserizie, si ricorda di quando sua madre li chiamava pure così e si rivede bambino e ripensa alla brevità ineluttabile della vita, alla rapidità della morte che ci è sopra. "Signor arciprete, mi raccomando: poca terra sopra la | bara”. Il Panzini insomma piange perché si fa pe- 69 na. Piange di sé e della morte e non per gli altri. Egli passa accanto all’anima del contadino senza vederla. Vede le apparenze esteriori, ode quel che esce appena dalla sua bocca e sì domanda se pel contadino la proprietà non sia per caso sinonimo di "rubare”»3. Cfr Quaderno 23 (vi), pp. 64-65. •Nel ms: «nazioni». b Nel ms: «socialrivoluzioni». 16 «