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463 tobre 1930 (riportato nella «Rassegna settimanale della stampa estera» del 21 ottobre 1930, pp. 2303-4: «Ci si dice da molto tempo, ma sopratutto dopo la guerra, che le quistioni d’interesse dominano i popoli e portano avanti il mondo. Sono i marxisti che hanno inventato questa tesi, sotto l’appelllativo un po’ dottrinario di "materialismo storico”. Nel marxismo puro, gli uomini presi in massa non obbediscono alle passioni, ma alle necessità economiche. La politica è una passione. La Patria è una passione. Queste due idee esigenti non godono nella storia che una funzione di apparenza perché in realtà la vita dei popoli, nel corso dei secoli, si spiega con un gioco cangiante e sempre rinnovato di cause di ordine materiale. L’economia è tutto. Molti filosofi ed economisti "borghesi” hanno ripreso questo ritornello. Essi assumono una certa aria da spiegarci col corso del grano, dei petroli o del caucciù, la grande politica internazionale. Essi si ingegnano a dimostrarci che tutta la diplomazia è comandata da questioni di tariffe doganali e di prezzi di costo. Queste spiegazioni sono molto in auge. Esse hanno una piccola apparenza scientifica e procedono da una specie di scetticismo superiore che vorrebbe passare per una eleganza suprema. La passione in politica estera? Il sentimento in materia nazionale? Suvvia! Questa roba è buona per la gente comune. I grandi spiriti, gli iniziati sanno che tutto è dominato dal dare e dall’avere. Ora questa è una pseudo-verità assoluta. È compieta- mente falso che i popoli non si lasciano guidare che da considerazioni di interesse ed è completamente vero che essi obbediscono più che mai al sentimento. Il materialismo storico è una buona scemenza. Le nazioni obbediscono soprattutto a delle considerazioni dettate da un desiderio e da una fede ardente di prestigio. Chi non comprende questo non comprende nulla» 1S. La continuazione dell’articolo (intitolato La mania del prestigio) esemplifica con la politica tedesca e italiana, che sarebbe di «prestigio» e non dettata da interessi materiali. Il brano è interessante e andrebbe analizzato minutamente in caso di compilazione di un saggio: esso è contro 1*«economismo storico» esagerato, di tipo loriano. L’autore non conosce la filosofia moderna e non capisce, d’altronde, che le «passioni», appunto, sono fatti economici. Degenerato in economismo storico, il materialismo storico perde una gran parte della sua espansività culturale fra le persone intelligenti, per quanta ne acquista tra gli intellettuali pigri, tra quelli che vogliono apparire sempre furbissimi ecc.; esso, come scrisse Engels, fa credere a molti di poter avere, a poco prezzo e con nessuna fatica, in saccoccia tutta la storia e tutta la sapienza politica w. Avendo dimenticato che la tesi di Marx - che gli uomini acquistano coscienza dei conflitti fondamentali nel terreno delle ideologie - ha un valore organico, è una tesi gnoseologica e non psicologica 0 morale, si è creata la forma mentis di considerare la politica e quindi tutta la storia come un marché de dupes, un gioco di illusionismi e di prestidigitazioni. Tutta l’attività culturale si è ridotta così a «svelare» trucchi, a suscitare scandali, a fare i conti in tasca agli uomini politici. Naturalmente gli errori di interpretazione sono stati talvolta grossolani e han- 73 73 bis 464 fi QUADER