Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/658

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miscellanea) 651 minio culturale dell’Italia sul mondo. La nazionalizzazione ( ! ) dell’umanesimo, che il secolo xvi vedrà compiersi in tutti i paesi civili d’Europa, nascerà appunto dall’impero universale d’una cultura, la nostra, che germoglia si dallo studio dell’antico, ma nel tempo stesso s’afïerma e si diffonde anche come letteratura volgare e quindi nazionale italiana». (Questa è la concezione retorica in pieno del Rinascimento; che gli umanisti abbiano auspicato il dominio culturale d’Italia sul mondo è tutt’al più l’inizio della «retorica» come forma nazionale. A questo punto si inserisce l’interpretazione della « funzione cosmopolita degli intellettuali italiani » che è ben altra cosa che non « dominio culturale » di carattere nazionale: è invece proprio testimonianza di assenza del carattere nazionale della cultura.) La parola humanista compare solo nella seconda metà del secolo xv e in italiano solo nel terzo decennio del xvi: la parola umanesimo è ancora più recente. Sulla fine del secolo xiv i primi umanisti chiamarono i loro studi studia huma- nitatisy cioè « studi intesi al perfezionamento integrale dello spirito umano, e quindi i soli degni veramente dell’uomo. Per loro la cultura non è soltanto sapere, ma è anche vivere... è dottrina, è moralità, è bellezza (...) specchiate nell’unità della vivente opera letteraria». Il Rossi, £>reso nelle sue contraddizioni, determinate dalla concezione meccani: camente unitaria della storia del Rinascimento ricorra a delle immagini per spiegare come il latino umanistico sia andato deperendo, finché il volgare celebrò i suoi trionfi in ogni dominio della letteratura « e l’umanesimo italiano ebbe finalmente la lingua che era sua, mentre il latino scendeva nel suo sepolcro». (Non completamente, però, perché rimase nella Chiesa e nelle scienze fino al Settecento, a dimostrare quale sia stata la corrente sociale che ne aveva sostenuto sempre la permanenza: il latino dal campo laicale fu espulso solo dalla borghesia moderna, lasciandone il rimpianto nei diversi forcaioli). «Umanesimo non è latinismo; è affermazione di umanità piena, e l’umanità degli umanisti italiani era, nella sua storicità, italiana; talché esprimersi non poteva se non nel volgare che anche gli umanisti parlavano nella pratica della vi-