Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, II.djvu/410

Da Wikisource.

I93I_I932: APPUNTI DI FILOSOFIA III 1085 avuto una particolare rifioritura e diffusione nel periodo stesso in cui il Balzac si servi della sua espressione a proposito della lotteria. Questo elemento potrà essere accertato anche attraverso le ricerche sul giansenismo manzoniano pubblicate recentemente dagli studiosi più serii come il Ruffini e il Trompeo5. Cfr Quaderno 16 (xxn), pp. 2 bis - 3 bis. § (229). «Saggio popolare». Nelle osservazioni sul Saggio popolare, in quanto sono complessive, riguardano il metodo generale, si può ricordare quella della superficialità logica inerente al sistema orale di diffusione della cultura e della scienza (nel Saggio [prefazione] si ricorda come titolo d’onore l’origine «parlata» della trattazione)l. Si può ricordare il principio logico dell’ignorantia elenchi e della mulatto elenchi, poiché molti esempi si possono dare e dell’uno e dell’altro. Cfr Quaderno 11 (xviii), pp. 27 - 27 bis. § (230). La religione, il lotto e Voppio del popolo. È stata pubblicata in questo scorcio di tempo (forse nel 1931) una lettera inedita di Engels dove si parla diffusamentç del Balzac e dell’importanza che occorre attribuirgliI. L’argomento del «pari» è stato svolto dal Pascal nelle Pensées, che sono i frammenti di una Apologie de la Religion chrétienne che Pascal non condusse a termine [(cfr in fine del quaderno)]. Linea del pensiero di Pascal (secondo Lanson, Storia della \ letteratura francese, 19“ ed., p. 464): «Les hommes ont mépris pour 76 la religion, ils en ont haine et peur qu’elle soit vraie. Pour guérir cela, il faut commencer par montrer que la religion n’est point contraire à la raison; ensuite, qu’elle est vénérable, en donner respect; la rendre ensuite aimable, faire souhaiter aux bons qu’elle fût vraie, et puis montrer qu’elle est vraie ». Dopo il discorso contro l’indifferenza degli atei che serve come una introduzione generale dell’opera. Pascal esponeva la sua tesi dell’impotenza della ragione, incapace di saper tutto, e di saper qualcosa con certezza, ridotta a giudicare delle ap- parenze offerte dall’ambiente delle cose. La fede è un mezzo superiore di conoscenza; essa si esercita oltre i limiti cui può giungere la ragione. Ma anche se ciò non fosse, anche se nessun mezzo si avesse per giungere a Dio, attraverso la ragione o attraverso una qualsiasi altra via, nell’assoluta impossibilità di sapere, bisognerebbe tuttavia operare come se si sapesse. Poiché, secondo il calcolo delle probabilità, c’è vantaggio a scommettere che la religione è vera, e a regolare la propria vita come se essa fosse vera. Vivendo cristianamente si rischia infinitamente poco, qualche anno di piaceri torbidi (plaisir mêlé), per guadagnare l’infinito, la gioia eterna2. Da un articolo dell’on. Arturo Marescalchi (Durare! Anche nella bachicoltura, «Corriere della Sera» del 24 aprile 1932): «Per ogni