Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, II.djvu/446

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i932: (miscellanea) XI2I rico lavoro in quanto elemento di vita e di potenza nazionale, in quanto elemento per tirate retoriche. La vita del contadino occupa un maggior spazio, ma anche qui non come lavoro, ma del contadino come « folclore », come pittoresco rappresentante di sentimenti e costumi curiosi e bizzarri. Perciò la « donna » ha molto spazio, coi problemi sessuali nel loro aspetto più esteriore e romantico. Il «lavoro» dell’impiegato è fonte di comicità. Il lavoro deirintellettuale poco spazio oppure presentato nella sua espressione di « dominio », di retorica. Non sì può certo imporre a una o a molte generazioni di scrittori di aver « simpatia » per uno o altro aspetto della vita, ma che una | o molte generazioni di scrittori abbiano certe simpatie e non altre ha pure un significato, indica un certo indirizzo piuttosto che altri nell’interesse degli intellettuali. Anche il verismo italiano (eccetto, in parte, il Verga) si distingue dalle correnti realistiche degli altri paesi in quanto si limita alla «bestialità» della «natura umana» (al «verismo» inteso in senso gretto) e non offre apprezzabili rappresentazioni del lavoro e della fatica. Ha qualche merito culturale come parziale reazione alle sdolcinatezze e ai languóri romantici di maniera tradizionali, ma crea subito un suo cliché altrettanto manierato. Ma non basta che gli scrittori non ritengano degna di « cronaca e di storia » un’attività che pure assorbe i 9/10* per quasi tutta la vita, della nazione; se se ne occupano, il loro atteggiamento è quello del padre Bresciani ecc. (Vedere gli scritti di L. Russo sul Verga e sulTAbba)!. G. C. Abba può essere citato come esempio italiano di scrittore « popolare-nazionale », pur non essendo « popolaresco » o non appartenendo a nessuna corrente che critichi per ragioni di « partito » o settarie la posizione della classe dirigente. Possonoa analizzarsi non solo gli scritti dell’Abba che hanno un valore poetico e artistico, ma altri libri come quello rivolto ai soldati, che pure fu premiato da enti governativi e militari e fu per qualche tempo diffuso tra le truppe2. In questa direzione può citarsi lo studio del Papini pubblicato in « La- cerba»b dopo gli avvenimenti del giugno 19143. La posizione di Alfredo Oriani è anche da rilevare, ma essa è astratta e retorica e annegata nel suo « titanismo» di genio incompreso. È da rilevare qualcosa negli scritti di Piero Jahier (ricordare le simpatie dello Jahier per il Proudhon)4, anche di carattere militare (in questo lo Jahier si può collegare coll’Abba), deturpata dallo stile biblico e claudelliano dello scrittore, che lo rende meno efficace e indisponente, perché maschera una forma snobistica di retorica. (Tutta la letteratura di Strapaese dovrebbe essere «nazionale-popolare» come programma, ma appunto 10 è per programma ed è una manifestazione deteriore della cultura; 11 Longanesi deve aver scritto anche un libriccino per le reclute, ciò che dimostrerebbe come la tendenza nasca anche da preoccupazioni militari)5. La preoccupazione nazionale-popolare nell’impostazione del problema critico-estetico appare in Luigi Russo (del quale è da 8 Nel ms: «Può». b Nel ms: «nt\Y Acerba». %