Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, II.djvu/628

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i932-i935: la filosofia di b. croce ii 1303 alla fine del 600. D'altronde, se nel Croce sono vive le preoccupazioni di leader mondiale, che lo inducono ad assumere sempre atteggiamenti equilibrati, olimpici, senza impegni troppo compromettenti di carattere temporaneo ed episodico, è anche vero che egli stesso ha inculcato il principio che in Italia, se si vuole sprovincializzare la cultura e il costume (e il provincialismo ancora permane come residuo del passato di disgregazione politica e morale) occorre elevare il tono della vita intellettuale attraverso il contatto e lo scambio di idee col mondo internazionale (era questo il programma rinnovatore del gruppo fiorentino della «Voce»), quindi nel suo atteggiamento e nella sua funzione è immanente un principio essenzialmente nazionale. La funzione del Croce si potrebbe paragonare a quella del papa cattolico e bisogna dire che il Croce, nell’ambito del suo influsso, talvolta ha saputo condursi più abilmente del papa: nel suo concetto di intellettuale, del resto, c'è qualcosa di «cattolico e clericale», come può vedersi dalle sue pubblicazioni del tempo di guerra e come risulta anche oggi da recensioni e postille; in forma più organica e stringata la sua concezione deirintellettuale può avvicinarsi a quella espressa da Julien Benda nel libro La trahison des clercs *. Dal punto di vista della sua funzione culturale non bisogna tanto considerare il Croce come filosofo sistematico quanto alcuni aspetti della sua attività: 1) il Croce come teorico delPestetica e della critica letteraria ed artistica (l’ultima edizione dell*Enciclopedia Britannica ha affidato al Croce la voce «Estetica», trattazione pubblicata in Italia fuori commercio col titolo Aestethica in nuce2; il Breviario d’Estetica è stato compilato per gli Americani3. In Germania sono molti i seguaci dell’Estetica crociana); 2) il Croce come critico della filosofia della praxis e come teorico della storiografia; 3) specialmente il Croce come moralista e maestro di vita, costruttore di principii di condotta che astraggono da ogni confessione religiosa, anzi mostrano come si può «vivere senza religione». Quello del Croce è un ateismo da signori, un anticlericalismo che aborre la rozzezza e la grossolanità plebea degli anticlericali sbracati, ma si tratta sempre di ateismo e di anticlericalismo; si domanda perciò per-