Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, III.djvu/722

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1934^ CRITICA LETTERARIA 2223 «Al Museo napoleonico in Roma c’è un prezioso pugnale con una lama che può passare il cuore (non è un pugnale dei soliti, a quanto pare! )». «Può questo pugnale servire di documento? Di pugnali io non ho esperienza ( ! ), ma sentii dire quello essere il pugnale carbonaro che si affidava a chi entrava nella setta tenebrosa ecc.». (Il Panzini deve sempre essere stato ossessionato dai pugnali: ricordare la «livida lama» della Lanterna di Diogene12. Forse si è trovato per caso presente a qualche torbido in Romagna e ( deve ) aver visto qualche paio d’occhi guatarlo biecamente: onde le «livide lame» che passano il cuore ecc.). «E chi volesse vedere come la setta Carbonara assumesse l’aspetto di Belzebù, legga il romanzo L'Ebreo di Verona di Antonio Bresciani e si divertirà (sic) un mondo, anche perché, a dispetto di quel che ne dicono i moderni (ma il De Sanctis era contemporaneo del Bresciani), quel padre gesuita fu un potente narratore» 13. (Questo brano si potrebbe porre come epigrafe al saggio sui « Nipotini del padre Bresciani»: esso si trova nella puntata terza della Vita di Cavour, edizione dell’«Italia' Letteraria», n. del 23 giugno 1929). Tutta questa Vita di Cavour è una beffa della storia. Se le vite romanzate sono la forma attuale della letteratura storica amena tipo Alessandro Dumas, A. Panzini è il Pon- son du Terrail del quadro. Il Panzini vuole cosi ostentata- mente mostrare di « saperla lunga » sull’animo e sulla natura degli uomini, di essere un cosi furbissimo furbo, un realista così disincantato dalla tenebrosa nequizia dell’uman genere e specialmente dei politici, che, dopo averlo letto, viene voglia di rifugiarsi in Condorcet e in Bernardin de Saint-Pierre, che almeno non furono cosi trivialmente filistei. Nessun nesso storico è ricostruito nel fuoco di una personalità: la storia ti diventa una sequela di storielle poco divertenti perché insalivate dal Panzini, senza nesso né di individualità eroiche, né di altre forze sociali; quella del Panzini è veramente una nuova forma di gesuitismo, molto più accentuata di quanto si pensava leggendo la Vita a puntate. Al luogo comune della «nobiltà guerriera e non da anticamera» si possono contrapporre i giudizi che il Panzini