Pagina:Gravina, Gianvincenzo – Scritti critici e teorici, 1973 – BEIC 1839108.djvu/79

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All’eminentissimo e reverendissimo signor cardinale Boncompagni, arcivescovo di Bologna



Non ho creduto, eminentissimo signore, far cosa più grata all’eccellentissimo signor Duca di Sora, vostro fratello, che rintracciare la ragione delle antiche favole, della di cui dottrina egli orna ed illustra i suoi nobili componimenti. Questo studio, per poco tempo impreso, mi rischiarò la cognizione della più antica dottrina e della primiera eloquenza, le quali mi era entrato nell’animo d’ordinare e disporre in largo trattato, per rappresentarne con luoghi e testimonianze tratte da’ più gravi autori la vera idea. Mi è poi questa impresa da un’altra di molto maggior uso stata interrotta, qual è quella, ove al presente son volto, dell’esame delle leggi primarie e de’ capi della giurisprudenza, ovvero delle origini della ragion civile, che per l’ampiezza e difficoltà sua non mi permette altrove trascorrere. Onde, perché le riflessioni su l’artifizio delle antiche favole già fatte non mi sfuggissero, presi consiglio di raccorle in questo brieve discorso e darle tali quali furon partorite e nella lingua in cui son nate, quando interrottamente quel che mi era dallo studio suggerito da me si notava, per essere a suo tempo con accrescimento di erudizioni e di pensieri esposto in lingua latina. Pur non sarà per avventura questo saggio poco grato a coloro che non l’ampiezza de’ volumi, ma il peso de’ trovati misurano e le cose prepongono agli ornamenti che in lingua, da me più per l’uso famigliare appresa che per lo studio, non ho potuto conseguire. Né temo punto che vostra eminenza sia per isdegnare il dono, che per pegno del mio eterno ossequio le fo, di questo brieve e rozzo discorso, poiché quanto questa fatica