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5 IL CONQUISTO DI GRANATA 6


Segue Almiren, che dei paterni letti
Da l’ umil stato ai sommi affar del regno
Innalzar’pura fè, candidi affetti,
Antica servità, costante ingegno.
Profondo è nei pensier’, grave nei detti,
Paziente al soffrir, tardo a lo sdegno,
Accrescono vigore al suo consiglio
Libere le maniere, austero il ciglio.

Rimpetto ad Almiren siedono appresso
Ormusse ed Algazel, ch'hanno la cura
Del governo civil: quei per sè stesso,
E tardo per l’età, l’ozio procura;
Questi un tempo or sublime, ed or depresso,
Con instabil tenor cangiò ventura;
Cadde, e risorse: or grato al re s’ adopra
Scaltro nel favellar, pronto ne l’opra.

Omar seguia, che tra i guerrier più chiari
Di valore ad alcun non é secondo:
Nutre a l’alta furlana animo pari,
D’accorto ingegno, e di parlar lacondn:
Per gli aapri uiouli, e per gli oodoii mari,
Meuaggicro del re trateorte il mondo:
Fo caro a Febo, e da I* ooor del canto
L’innaUò maggior merlo a maggior vanto,
IMJU
Vedeao(i po(cia Acmete e Varmillano
Ambo famuli in armi, ambo (tranieri:
Quegli in corte faneiul giunte di Orano,
Quedi io piò ferma età veone d’Algieri:
L’un della regia guardia è capitano.
Regge I* altro (oggctle ai (noi voleri
Le macelline di guerra, e i fabri lutti
Cli’ a moverle, a c «imporle erano intimiti.
xxiv
l^"n*r,i*^nlro^^ àlet tulli e chiaro,
Qual ti a del no. Ini ((tedio il grave danno,
Ch’è dal tempo ogni dì fallo più amaro.
Per rallevare io parte il noalro affanno,
Qui v’ho raccolti, e di («per ni e caro
Ne lo (tato pretrnle i iena! vodri i
Dunque oguun ciò eli’ è meglio a me dimodri.
xxv
Tacque il tiranno, e fra color ch’avieno
Ne la graxia di lui parte maggiore,
Fino dopo le loci in Atmireoo.
Che (or(e, e enai di((e al ano lignore:
l.a aodra patria, inclito re, vien meno:
Cede a rigida fame il tuo valore;
Ne le ceoeri Mi sepolcro orrendo,
xxvi
Almeria debellata, Allama é preta:
E noi vinti più volle in più rondini
Or rinchiuii qui dentro a la difeaa
Siam da varii disagi ornai (confini.
Dopo ai Inoga ed inegual conle(a,
Che ne lice (perar laceri e afflitti?
Donde aiuto verri? Troppo lontane
Sono al mrhi» ticia Tarmi africane.
XXVtl
11 Tiogitae, eoi deve etter (oipetta
La (operaia di Spagna • la fortuna,
Beacbè predo toccoeio ogoor promella,
Par non move die forte e Boa ragona:
Meno il Torco e ’1 mldano: or che (’ aipella,
Se non reila per noi iperauza alcuna?
Morirem ron la patria: illudre in vero,
E di noelra virtù degno é il pcnaiero.
XXVIII
Noi rifiuto, (ignor; ina più m’aggrada
Quel che poò (odener la vita e il regno;
Tulio da noi ti lenii, e poi (i cada,
Qnaodo a vincer non redi altro dUegnn.
Ne I’ angndia preaente una è la drada:
Ma convien che in te ceda il proprio (degno
Al biiogno ramini: falla ragiono
Coti neceteità le leggi impone.
TT.IX
Si richiami AlinaiKorre t egli n’apporte
In ii grand’uopo ina(pettala aita:
Egli (ol può la tpetae, egli la (orle
Rinvigorir de la città (marrila.
Clii di lui più temuto, e chi più forte?
Qual geote più feroce, e qual più ardila *
Donde (perar l’aiaedialo Moro
Può di biade e d’armenti egual ridoro?
Ha v e già chi ^.grida: or dove aooo
I irmi in noi di quel valore antico?
Qual maggior (corno? aver lo acettro in dono
Dal ribello, o che I cedi al tuo nemico? Concederemo,
o chiederem perdono?
Tu d’Alinaoior, tu d un fellone amico?
Tinte offese impunite, e non ha detto
Più di vili.’., che di clemenza effetto?
XXXI
Tale il volgo decorre, il vulgo imam»,
II cui cieco parer (presta chi regna:
Sia vitale il licor, che io ogni mano
Di gradirlo natura a P egro insegna.
Precipita il tuo regno, o peo(i in vano,
Qual (i pona trovar forma più degna
Di (odeuerlo? Ah (ia il rimedio predo,
S’olteaga il fine, e oon a’ attenda il redo.
XXXII
Colpcvol la virtù (ovenle opprime,
E ’I lodato valor talvolta offeude:
Perché il regio voler giudo (i dime.
La po((aoza real I’ arma e ’I difende.
Ciò che (odien la dignità sublime,
A torlo come indegno, altri riprende:
E virlù, che ulnr dai re ne l’opre
S’anuuiri la virtù, ma non ( adopre.
XXXIII
Che prò di ritener memorie illirici,
Se maocan poi de la vendetta i modi?
Sia virtù l’impotenza, e i cori amici
Riunite, e spegnete e l’ire e gli odi.
Viver d’uo icmpre amanti, ovver nemici,
Son di gente vulgar (olite lodi:
Ma deve alma real (olo andrire
Quanto giovano a lei l’amore, o l’ire.