Pagina:Grazzini, Antonfrancesco – Teatro, 1953 – BEIC 1840555.djvu/9

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LETTERA DELL’AUTORE A CHI LEGGE

Tutte quante l’usanze, o brutte o triste, mentre ch’elle s’usano, paiono belle e buone, e per tali sono accettate. Usanza è nei tempi nostri quasi di tutti i componitori d’indirizzare le opere loro, o dedicarle a qualche segnalato personaggio, o secolare o ecclesiastico, o veramente a qualche amico caro. Ora io, per non parere né da piú né da meno degli altri (perciocché l’uno verrebbe da superbia, e l’altro da viltá), diliberai di seguitar l’usanza: e dovendo e volendo mandare alla stampa sei mie commedie, due stampate e recitate, e quattro non recitate né stampate mai, diliberai a qualche amico, o signore o monsignore indirizzarle. E venendo primieramente ai signori e padroni principali, considerando quanto queste mie composizioni siano umilissime e povere, e mal convenienti e diseguali a loro Altezze Serenissime, degne d’ogni piú alto e piú sublime poema, mi tirai indietro: e ricercando tra i signori e monsignori, mi avvidi che, non avendo né familiaritá, né conoscenza, né servitú ninna con esso loro, era cosa impertinente ad alcuno di quelli indirizzarle; e finalmente tra gii amici discorrendo, mi se ne rappresentò in un tratto nella fantasia una quantitá grandissima, ai quali mi sento per molte cagioni e per vari rispetti obbligatissimo; e non sapendo fra cotanti cui io mi eleggessi, mi trovai piú dubbioso e piú confuso che mai, perciocché, indirizzando a uno, dubitava che l’altro non si sdegnasse, e per acquistar la grazia d’un solo, correr rischio di perder quella di molti. Mi risolvei nel fine di far come quegli amici che,