Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/167

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giá da l’onda e dal vento

de le lagrime mie, de’ miei sospiri
si spesso invan percosso,
è pur ver che tu spiri
e che senti pietate? o pur m’inganno?
Ma sii tu pure o petto molle o marmo,
giá non vo’che m’inganni
d’un candido alabastro il bel sembiante,
come quel d’una fèra
oggi ingannato ha il tuo signore e mio.
Ferir io te? te pur ferisca Amore,
ché vendetta maggiore
non so bramar che di vederti amante.
Sia benedetto il di che da prim’arsi!
benedette le lagrime e i martiri !
di voi lodar, non vendicar, mi voglio.
Ma tu, Silvio cortese,
che t’inchini a colei
di cui tu signor sei,
deh ! non istar in atto
di servo; o, se pur servo
di Dorinda esser vuoi,
ergiti ai cenni suoi.
Questo sia di tua fede il primo pegno;
il secondo, che vivi.
Sia pur di me quel che nel cielo è scritto;
in te vivrá il cor mio,
né, pur che vivi tu, morir poss’io.
E, se ’ngiusto ti par ch’oggi impunita
resti la mia ferita,
chi la fe’ si punisca:
fèlla quell’arco, e sol quell’arco péra:
sovra quell’omicida
cada la pena, ed egli sol s’ancida.
Linco. Oh sentenza giustissima e cortese !
Silvio. E cosi fia. Tu dunque
G. B. Guarini.