Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/168

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la pena pagherai, legno funesto;

e, perché tu de l’altrui vita il filo
mai piú non rompa, ecco te rompo e snervo
e, qual fosti a la selva,
ti rendo inutil tronco.
E voi, strali, di lui, che ’l fianco aperse
de la mia cara donna, e per natura
e per malvagitá forse fratelli,
non rimarrete interi,
non piú strali o quadrella,
ma verghe invan pennute, invano armate,
ferri tarpati e disarmati vanni.
Ben mel dicesti, Amor, tra quelle frondi
in suon d’Eco indovina.
O nume, domator d’uomini e dèi,
giá nemico, or signore
di tutti i pensier miei ;
se la tua gloria stimi
d’aver domato un cor superbo e duro,
difendimi, ti prego,
da l’empio strai di Morte,
che con un colpo solo
anciderá Dorinda e con Dorinda
Silvio, da te pur vinto:
cosi Morte crudel, se costei more,
trionferá del trionfante Amore.
Linco. Cosi feriti ambiduo séte. Oh piaghe
e fortunate e care,
ma senza fine amare,
se questa di Dorinda oggi non sana !
Dunque andiamo a sanarla.
Dorinda. Deh! Linco mio, non mi condur, ti prego,
con queste spoglie a le paterne case.
Silvio. Tu dunque in altro albergo,
Dorinda, poserai che ’n quel di Silvio?
Certo ne le mie case,