Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/203

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penetrar del destin gli alti segreti,

cosa alcuna s’asconde?
Tirenio. Oh figlio, figlio!
Se volontario fosse
del profetico lume il divin uso,
saria don di natura e non del cielo.
Sento ben io ne l’indigesta mente
che ’l ver m’asconde il fato
e si riserba alto segreto in seno.
Questa sola cagione a te mi mosse,
vago d’intender meglio
chi è colui che s’è scoperto padre,
se da Nicandro ho ben inteso il fatto,
di quel garzon eh’è destinato a morte.
Montano. Troppo il conosci! Oh, quanto
ti dorrá poi, Tirenio,
ch’ei ti sia tanto noto e tanto caro!
Tirenio. Lodo la tua pietá, ch’umana cosa
è l’aver degli afflitti
compassione, o figlio. Nondimeno
fa’ pur che seco i’ parli.
Montano. Veggio ben or che ’l cielo
quanto aver giá solevi
di presaga virtute in te sospende.
Quel padre che tu chiedi
e con cui brami di parlar, son io.
Tirenio. Tu padre di colui eh’è destinato
vittima a la gran dea?
Montano. Son quel misero padre
di quel misero figlio.
Tirenio. Di quel fido pastore
che, per dar vita altrui, s’offerse a morte?
Montano. Di quel che fa, morendo,
viver chi gli dá morte,
morir chi gli die’ vita.
Tirenio. E questo è vero?