Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/228

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persone troppo ardite e troppo sottili, non esser vero che ’l di- tirambico e ’l lirico alcuna volta non introduca interlocutori ne’ lor poemi, conciosiacosaché questo intervenga tanto di rado, che non è degno d’esser considerato per accidente che alteri in modo alcuno le spezie. E, quando pure si fa, non è fatto per introdurre quella persona ad uso di drammatica o epica poesia, ma per servirsi della figura che si chiama «prosopopeia», la quale alcuna volta s’adopra nel corso di chi narra, per tanto piú evidentemente far venir sotto gli occhi della persona che ascolta o legge la cosa che vien narrata. E, se Orazio fe’ quella ode in forma di dialogo: «c Donec graius eram», ecc., nella quale non parla mai il poeta come poeta, si risponde che, si come una gocciola d’acqua in un gran vaso di vino non è bastante a far che quello non sia vin pretto, cosi quella sola e picciola coserella non è composizione, fra tante liriche, da poter far drammatico quel poeta. Ben è vero che, se altri spendesse tutti o ’l piú de’ suoi versi lirici nel far dialoghi, non sarebbe né di- tirambico né lirico né drammatico, e sarebbe un poeta da sti- mar poco, per quelle molte ragioni che qui non hanno il lor legittimo luogo. Nasce da queste due, narrativa dove il poeta solo ragiona, e rappresentativa dove il poeta non parla mai, la terza spezie, nella quale alcuna volta parla il poeta e alcuna parlano le persone eh’ egli introduce; e questa è l’epica poe- sia, che anche «eroica» è stata detta, esercitata con fama tanto celebre e tanto chiara dal grande Omero in lingua greca e da Virgilio in latina, da Dante, dall’Ariosto, dal Tasso, io dico il giovane, nella nostra, che «toscana» meritamente dé’ esser detta, ma dissi «nostra», perciocché, essendo laToscana in Italia, e potendo esser la sua favella comune a tutti gl’italiani, anche i lombardi se ne posson servire come di propria, si come an- che un lombardo scrisse in lingua del Lazio, ch’allor fioriva, la sua maravigliosa Eneide , e scrissela forse meglio e piú pura- mente di quello che alcun altro, quantunque nato nel cuor del Lazio e di Roma, avrebbe saputo fare. Dalle cose che si son dette non sará malagevole il giudicare a quale delle tre spezie di poesia il Pastorfido ridur si debbia;