Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/262

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facitore di pura favola comica s’asterrá d’imitare persone grandi. Ma qui bisogna levare un dubbio, dalla risoluzione del quale risulterá la chiarezza del vero che noi cerchiamo. Il dubbio è questo: che ci sono tragedie, le quali a persone vilissime danno luogo, si come ne\V Edipo a que’ duo pastori, che sono si princi- pali; in alcune altre a’ servi e serve, che per necessitá s’in- troducono. Come saranno elle tragedie pure, se danno luogo a’ peggiori, che sono propri della commedia? Rispondo che le persone vili non s’introducono quivi per imitare i costumi loro, ma perché servano all’opere de’ migliori che si prendono ad imitare, come sarebbe a dire: i duo citati pastori ne\YEdipo tiranno non furono introdotti acciocché in quella favola alcuna cosa facessero appartenente a vita e a traffico pastorale, onde si possa elicere il fine della commedia, ma solo perch’essi riferissero il nascimento d’Edipo, per farne poscia nascere quel si maraviglioso riconoscimento. E però nel fin della favola non s’attende di loro alcuno esito, o fortunato o infelice. I servi parimente e serve dell’altre favole tragiche non fanno da sé azione alcuna da imitare i costumi loro servili, ma quivi stanno per dar esecuzione ad alcuna cosa necessaria a’ padroni, e, quella fatta, non appariscono piú, e, nel farla, favellano parcamente e con riguardo grandissimo. Il che sia detto de’ servi vili, ché quanto a que’ che consigliano, e le nudrici che confortano, e l’al- tre tali persone graduate, mature, senatori, capitani e altri di questa sorte, non si deono riputare persone vili, ancorché ser- vano, essendo molto verisimile e poco meno che necessario che gli intimi servidori de’ gran personaggi e de’ segreti loro partecipi non sieno uomini popolari e della feccia del volgo: re- gola che, secondo il diritto della natura e della ragione, non dé’ fallire; ma molte volte fallisce per corrotto gusto d’alcuni, che aman di avere appresso piú tosto esecutori di quel che piace che ministri di quel che lice. Non sono dunque i servidori dime- stici di que’ principi, che ’n poema tragico s’introducono, da essere annoverati tra le persone abbiette e volgari. Con tutto ciò, nell’esito della favola niun conto si tien di loro, come nella commedia si fa, nella quale sarebbe vizio se Sosia fosse contento