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SCENA TERZA

Amarilli, Corisca, Mirtillo.

Amarilli. Affé t’ho colta, Aglauro !

Tu vuoi fuggir? t’abbraccerò si stretta...
Corisca. (Certamente, se contra
non gliel avessi a l’improvviso spinto
con si grand’urto, i’ faticava in vano
per far ch’egli vi gisse.)
Amarilli. Tu non parli: se’ dessa o non se’dessa?
Corisca. (Qui ripongo il suo dardo, e nel cespuglio
torno per osservar ciò che ne segue.)
Amarilli. Or ti conosco, si: tu se’Corisca,
che se’ si grande e senza chioma. A punto
altra che te non volev’io, per darti
de le pugna a mio senno.
Or te’ questo e quest’altro,
e quest’anco e poi questo. Ancor non parli?
Ma, se tu mi legasti, anco mi sciogli,
e fa’ tosto, cor mio,
ch’i’ vo’ poi darti il piú soave bacio,
ch’avessi mai. Che tardi?
par che la man ti tremi. Se’ si stanca?
Mettici i denti, se non puoi con l’ugna.
Oh quanto se’melensa!
Ma lascia far a me, ché da me stessa
mi leverò d’impaccio.
Or ve’ con quanti nodi
mi legasti tu stretta !
Se può toccar a te Tesser la cieca...
Son pur, ecco, sbendata. Oimè! che veggio?
Lasciami, traditori Oimè! son morta!