Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/94

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Mirtillo. Sta’ cheta, anima mia!

Amarilli. Lasciami, dico,
lasciami! Cosi dunque
si fa forza a le ninfe? Aglauro, Elisa!
ah, perfide! ove séte?
Lasciami, traditore!
Mirtillo. Ecco ti lascio.
Amarilli. Quest’è un inganno di Corisca. Or togli
quel che n’hai guadagnato.
Mirtillo. Dove fuggi, crudele
Mira almen la mia morte. Ecco, mi passo
con questo dardo il petto.
Amarilli. Oimè! che fai?
Mirtillo. Quel che forse ti pesa
ch’altri faccia per te, ninfa crudele.
Amarilli. Oimè, son quasi morta!
Mirtillo. E se quest’opra a la tua man si deve,
ecco ’l ferro, ecco ’l petto.
Amarilli. Ben il meriteresti. E chi t’ha dato
cotanto ardir, presontuoso?
Mirtillo. Amore.
Amarilli. Amor non è cagion d’atto villano.
Mirtillo. Dunque in me credi amore,
poi che discreto fui, ché se prendesti
tu prima me, son io tanto men degno
d’esser da te di villania notato,
quanto, con si vezzosa
comoditá d’esser ardito e quando
potei le leggi usar teco d’Amore,
fui però si discreto,
che quasi mi scordai d’esser amante.
Amarilli. Non mi rimproverar quel che fei cieca.
Mirtillo. Ah, che tanto piú cieco
son io di te, quanto piú sono amante!
Amarilli. Preghi e lusinghe, e non insidie e furti,
usa il discreto amante.