Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/269

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capitolo viii. 247


lo intelletto guercio per sofismi e con l’anima viziata dall’avarizia, o come giudicheranno essi? E puro essi giudicano e condannano le colpe, che seminano a bocca di sacco nell’umano consorzio.

A questi e ad altri cosiffatti uomini la legge dà commissione di penetrare nello spirito umano, indagare le più segrete scaturigini del delitto, e poi conosciute le contingenze tutte, onde si forma la volontà della creatura umana, confrontarle con le spinte esterne e gli urti del temperamento individuale: perchè per moltissime cose l’uomo è tomo della medesima opera, non iscompagnato, ma diverso dagli altri; poi vuole che essi abbiano ad un punto la sapienza del Kant e del Cabanis per assicurarsi, senza fallo, della spontanea intenzione dello agente, ovvero, come dicono in termine del mestiere, dello elemento intenzionale. Questa terribile Iside davanti cui Socrate piegherebbe sgomento la faccia, ecco tutto giorno svelano sensali, droghieri e merciaioli. E tuttavolta noi vivemmo nei tempi nei quali i giudici ordinari pronunziavano sentenze alla stregua della prova; se piena la prova, e piena era la pena; se no, un terzo, mozza e due terzi di pena. Tenetevi pertanto caro il giurato nella medesima guisa che anteporreste la scarlattina al vaiolo: per ora la scelta non può cascare che fra due mali; più tardi vedremo: la via è lunga, me ne sono accorto anch’io, ma la speranza ci conduce gratis, e lo fa