Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/283

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capitolo viii. 261


le dava animo come poteva, la si sarebbe per la disperazione buttata via; finalmente il nodo arrivò al pettine, cioè Felicina prese a nicchiare, e la Brigida, immaginando che le cose fossero per passare lisce, sperò non ci sarebbe stato bisogno di altro aiuto fuori del suo; ma non si appose, chè il parto si mise al brutto: le strida della partoriente le straziarono così le orecchie e il cuore, che ella, persa la bussola, non sapeva più a qual santo votarsi; all’ultimo si dispose andare per la levatrice, e così fece, lasciando l’uscio di casa accosto. Andò e tornò, stando fuori il tempo che ci vuole a recitare un credo; la levatrice non trovò, che era andata ad assistere una altra partoriente, ma al suo ritorno in casa vide la ragazza sgravata, don Liborio tutto affacendato in camera, il pavimento insanguinato, e in mezzo al sangue la creatura giacente in terra, morta. La Felicina guaiva da mettere pietà alle pietre, don Liborio con parole soavi la raumiliava dicendo, che, poichè l’era andata a quel modo, bisognava rassegnarsi ai divini voleri: e senza punto smarrirsi, rinvolto il morticino dentro un mucchio di giornali, fece intendere volerlo trasportare alla prossima cappella per farlo seppellire in sagrato. Pochi giorni dopo taluni fanciulli, giocando alla palla in luogo remoto, avvenne che una delle loro palle andasse a ruzzolare entro certa chiavica che ingombra a modo di ponte massima parte della strada; la quale