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266 | il secolo che muore |
disse circa alle lettere, che veramente la Felicina.
spesseggiava a scriverne quanto più si avvicinava
il tempo del parto, ma a cui le indirizzasse ella
non lo poteva dire, non sapendo leggere: chi fosse
l’amatore della Felicina, nè questa averglielo mai
confessato, nè ella essere giunta a conoscere, ma
dando spesa al suo cervello essersi immaginata, che
fosse qualche soldato dell’esercito di Sua Maestà,
e questo argomentava dalla furia con la quale la
ragazza correva alla finestra appena sentiva sonare
la tromba dei bersaglieri: in cotesti momenti
non l’avrebbero potuta tenere nè manco gli
argani.
Dopo la Brigida, venne uno stormo di beghine e di preti, tutti ampissimi fidefacienti della moralità, della probità, della santità, di una sporta insomma delle virtù, che finiscono in a; e il reverendo don Liborio, in sembianza compunto:
Stavasi tutto umile in tanta gloria,
come madonna Laura.
Quanto a Felicina, l’avvocato Fabrizio reputò spediente citare per testimoni alcune fanciulle sue compagne d’infanzia e pari di anni, avvisandosi che come giovani avrebbero più agevolmente aperto l’animo a sensi di pietà, e messo per lei parole di difesa. Se (egli aveva pensato) se cuori induriti da lunghe offese non reggono alla vista di tanto infortunio, come non si commoveranno coteste anime