Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/289

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capitolo viii. 267


verginali? E di simile commozionae egli si avvisava far capitale per aprire una breccia dentro ai crani dei giurati.

Non lo avesse mai fatto! Pari ad tui nugolo di insetti maligni, ognuna di loro si provò a spuntare il proprio pungiglione sopra le carni della povera Felicina, e lei dipinsero protorva e invereconda, degli amori altrui insidiatrice: invidiosa e spietata, sicchè non pareva esser contenta, se tutti i giovani non tirava a sè, nulla curando la disperazione delle compagne. Sovente avere presagito fra loro ch’ella non poteva, se non capitar male, ed ora essersi pur troppo verificato il presagio: della sua fine esse aver sentito dolore, non meraviglia.

All’avvocato Fabrizio cocendo essersi scottato le dita, venne in mente d’interrogare alcuna per qual modo poteva affermare che la Felicina toglieva altrui gli amanti, e fece peggio, perchè la interrogata come vipera rispose che questo non diceva per lei, perchè innamorati, ella non aveva avuti fin lì; e caso mai li avesse avuti, oh! la Fellema non sarebbe stata bastante a levarglieli di sotto: averlo sentito dire da altre.

Insistendo Fabrizio, ond’ella dicesse da quali indizi argomentasse lo istinto rapace nella Felicina di levare gli innamorati alle sue compagne, sentì rispondersi:

— Mi ha seccato.