Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore I.djvu/41

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prolegomeni 19


Ma accecare altrui non significa illuminare se stesso: nel dì della vendetta al popolo appartiene il compito della distruzione. Quando egli con supremo conato arriva a rompere le sue catene, altro non sa ed altro non può saper fare, eccettochè sbatacchiarne i tronconi nel volto agli oppressori: quando il ferro delle catene si converte in armi, più che per le spade si trova adattato ai pugnali; a questi stende la mano la libertà, però insieme con essa la ferocia e la vendetta. E poi che il popolo possieda l’ira e la forza per distruggere, ma gli manchi la scienza per ordinare, così egli commise l’opera della sapienza ai suoi fratelli. Di questi alcuni perfidissimi lo trucidarono, altri presuntuosi lo delusero; ma i più lo venderono come fu venduto Giuseppe ebreo agli Egiziani; poi i venditori si misero a gridare co’ lupi dimostrando come non odiassero già la tirannide, bensì la combattessero per essere chiamati a parte della dominazione. Di qui lo sbracciarsi loro per le monarchie costituzionali, col solo fine che i convitati antichi si stringessero a tavola per far posto ai nuovi commensali; e l’interesse privato sublime nella sua terribile nudità stette in capo al desco costituzionale come lo scheletro a quello dei re di Babilonia; il popolo sempre somministrò la vivanda; chi nacque agnello ha da morire arrosto, tale è il fato.

Un giorno, un’ora per ischerzo lo salutano pa-