Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore IV.djvu/185

Da Wikisource.

capitolo xxii.


che se la sarebbe ripresa, erano una bagattella, egli ratificava tutte le passate e consentiva le avvenire, persuaso che le avrebbe adoperate sempre pel bene dei suoi simili. Se mi troverò convertito in ostrica, finche mi manterrò sana offrirò delicatissimo cibo alle mense degli uomini, e se inferma, con la mia malattia comporrò perle, ornamento di donne oneste e belle,1 e se diventerò pizzuga2 attenderò a comporre un coccio degno di essere ridotto in iscatola da tabacco degna di papi: insomma, onore del naso di Pio IX, ovvero del collo di Cleopatra; nobili destini non mi potranno mai mancare.

Ed ora la sorte lo aveva arrandellato carceriere nel Castello di Milano. Tristo mestiere in verità, e pure egli sapeva valersene per consolare, ed in quanto gli era concesso sovvenire i meschini che gli capitavano sotto. Gli spruzzi di acqua benedetta, di cui sono larghi i sacerdoti ai morti, giovano per lo appunto quanto l’acqua benedetta a morti, ma lo spruzzo della speranza ai vivi dolorosi è rugiada di cielo; e quindi di parole e di buoni uffici non faceva a spilluzzico l’uomo dabbene, trasmetteva e riportava consigli, saluti e messaggi di genitori, di amici ed anche di amanti, purchè, bene inteso, si trattasse di legittimi amori: confermava i risoluti,

  1. Affermano la formazione delle perle sequela di una infermità dell’ostrica.
  2. Pizzuga, così il popolo chiama la tartaruga.