Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, I.djvu/157

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Be’, ci andasti le migliaia di volte. Adesso io vuo’ che tu mi dica qual era la parte del fiume dove tu vedevi conficcare le palefitte? Colà dove l’acque rodendo portavano via i colti ovvero colà dove soverchiando minacciavano di mandare in rovina i campi circostanti; non è egli vero? Le leggi, fa conto che nel consorzio umano tengano lo ufficio delle palafitte nei fiumi, essendo messe a difesa della parte più esposta agli impeti degli sfrenati appetiti, i quali caso mai superassero, andrebbe a catafascio ogni cosa. Come senza la messa non sarebbe il prete; così senza le colpe e i delitti non vedresti leggi, giudici, sbirri e carnefici con la scure, in alto, a mo’ di vetri rotti incalcinati sul comignolo dei muri delle ville, sbracciarsi da mattina a sera a tutelare i sonni tranquilli dei borghesi dabbene.

Se l’errore non levò la funga nel mio cervello, per me giudico che, se torna Pirrone, non porrà più in dubbio il punto, che ho definito con fatti ed argomenti, della parentezza fra l’uomo e la Bestia; in ispecie l’Asino: però siccome io mi trovo a possedere più giunchi, che tu ritortole, intendo riportare alcuni esempi bellissimi, dai quali