Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/102

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pre disposto a mettere ai piedi di cui ella sa la mia svicerata servitù; — e se il cortigiano aggrinzando il naso rispondeva: — allora bisognerà chinarsi troppo per raccattarla, — l’impiegato scrollatosi nelle spalle simulava di non capire, e fatto delle labbra greppo mostrava certe lesine di denti, che parevano rubate ad una martora, il quale atto nel vocabolario degli ufficiali è distinto con la voce risolino. Dove mai all’opposto i nuvoloni continuassero il viaggio alla volta di Siena, il ministro di punto in bianco compariva rosso come il gambero, e gittate le braccia al collo del primo popolano gli occorreva tra via esclamava: — cittadino! viva la Libertà, morte ai tiranni! — Guai al popolano se si fosse avvisato a correggerlo col dire: — viva la Libertà, morte a nessuno, — poteva attaccare il voto se la passava liscia. Miserie vecchie, e non pertanto mai come adesso stomachevoli per subitanea frequenza.

Il Diavolo la mattina del martedì, ultimo giorno del carnevale, percossa di un grossissimo pugno la gratella, che gli serviva di lettiera, esclamò; — caporale Michele, tu se’ preposto a guardarmi a vista; in verità, caporale, cotesto tuo gli è un tristo mestiere; tu tiri la paga dal mio nemico, epperò non istai ai miei servizii; va bene! Un giorno ci siamo picchiati tu per conto altrui, io pel mio; ne ho tocche; pazienza! La mia causa era degna di fortuna migliore, e non lo dico