Vai al contenuto

Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/106

Da Wikisource.
104

di Marana discesa, come era voce, da Mario e l’altra di Lucciana da Silla, più volte mandaronsi e rimandaronsi un Asino vocato Baione come tessera di guerra e pegno di sfida: anzi, notte tempo, i Luccianesi lo doposero furtivamente nella sagrestia di Santo Appiano in Marana dentro un cataletto accendendovi intorno i torchi, come si costuma al mortorio di nobile carogna447. I Maranesi per impattarla a posta loro, cauti ed insidiosi alla bruna appessero Baione per le zampe e per certa altra parte, (la quale non si può rammentare che sotto metafora, per rispetto delle signore Bestie femmine) alle funi del campanile di San Michele a Lucciana. Dai quali successi derivarono poi disertamenti di terre, incendii di case, eccidii di famiglie e vendette terribili; come leggemmo un dì sopra libri stampati per ammaestramento dei popoli, i quali, almeno finchè durò il mondo, non impararono mai nulla448.

In vituperio mio raccontano ancora, come standomi un giorno in Olimpia a rimirare le corse dei Cavalli, preso da repentina superbia scuotessi dalle mie groppe il villano incavallato o slanciatomi giù nel nobile arringo a orecchie diritte e voce spiegata presumessi mettermi a gara coi Cavalli di Filippo re di Macedonia. Innanzi tratto dichiaro cotesto racconto fandonia, e poi supposto ch’ei fosso vero, io vorrei