Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/135

Da Wikisource.

133

accorte che il priore di san Simone, in quanto a denti, poteva correre il palio con gli Smerigli e, com’è da supporsi, sariensi tirate al largo; ma stettero sempre, mentr’ei mangiava, sotto la tavola a beccare i frusti di midolla di pane ch’egli insidioso loro gettava. Eravamo di decembre sul finire delle novene del Santo Natale, quando il consueto affetto del priore infervorandosi parve diventare delirio amoroso, massime per l’Oca vecchia, e lei incominciava a nudrire con cibi eletti, come sarebbe a dire, riso cotto nel latte e noci e mandorle: anzi lo dico o lo taccio? Lo pur dirò, affinchè tu conosca la perfida dissimulazione di lui;, persuasa dai blandimenti la improvvida si attentò beccargli fin su la bocca la mandorla che il priore assassino le porgeva stretta fra i labbri, e la pudica, confidata nella purità dei suoi pensieri, non dubitava punto che sifatte carezze somministrassero argomento di mormorazioni al vicinato, che altramente se ne sarebbe astenuta. Le dolci parolette e gli sguardi soavi io passo, e lo stazzonarla per di sopra e il tastarla e il soppesarla per di sotto: insomma, tutta la serie delle carezze, per le quali temevasi forte che la faccenda arrivata all’orecchio dell’Ordinario non motivasse ad evitanda scandala la separazione dell’Oca dal priore. Magari! fosse andata così, che sarebbe stata una manna. Intanto ecco sopraggiungere la notte del