Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/166

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E fu, che vide un’Asino mangiare
     De’ fichi alla sua mensa apparecchiata
     E tal fu il riso, che lo fe’ crepare,
Ma prima disse alla fante, che stata
     Era troppo a venir portargli bere,
     Che la prima vivanda aveva mangiata.»

Comecchè mi sovvenissero di più sorte argomenti, tuttavolta io non voglio smentire il mio poeta dabbene; sia pertanto come lo conta; io qui non vedo colpa nell’Asino, sebbene follia di uomo, che certo usurpò reputazione e barba da filosofo: e valga il vero, oh che cosa trovava di riprendere costui nel vedere un Asino mangiare fichi? Paionvi queste cause sufficienti di ridire e per di più crepare di riso? Sono i fichi frutti della terra, e su questi ha giurisdizione la universa famiglia degli animali; sicchè per questa parte zitti a riso: rispetto al bacile tanto vale che di argento fosse o di faggio, massime per un filosofo, il quale doveva rammentarsi che l’uomo un dì, e non correvano le centinaia di secoli, si era pasciuto scuotendo i rami della quercia e mangiandone i frutti caduti, come dissetato, facendo scodella delle mani in mezzo ai fiumi; anzi certo giorno morto di sete egli si trovò presso un pozzo dell’acqua, del quale non sapendo in qual modo valersi, stavasene malinconoso a considerarla; allora il Corvo, poichè l’ebbe lunga pezza proverbiato delta sua superba ignoranza, gran-