Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/196

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capita per le mani, nella Circe di Giovanni Battista Gelli accademico della Crusca. Vuolsi avvertire però che il Gelli ci aggiunse di sue parecchie fila e belle, ma la trama gliela porse ordita l’antico Menandro con la commedia, della quale un frammento scappato dagli artigli del Tempo favella in questa sentenza: «se qualche Dio fattosi al mio cospetto mi dicesse: orsù Cratone, morto che tu sii rinascerai nella forma, che meglio ti va a fagiuolo, o vogli Cane, o vogli Becco, o vogli Castrone, o piuttosto uomo, o Cavallo; fa tu. Io gli risponderei: grazie, la mi faccia il piacere di non darmi noia e lasciarmi come sono. Laddove egli insistesse: no signore, qui non ci è rimedio; figurati! la vuole a questo modo il destino, sicchè scegli e spicciati. — Gua’, replicherei, come la va così mi adatto a ogni cosa purchè non torni uomo: fra tutti gli animali solo l’uomo tristo vediamo esaltato dalla fortuna gioconda; se buono, abbattuto dalla sinistra. I Cavalli migliori sono i meglio governati: il Cane più valoroso accarezziamo in preferenza dello infingardo: al Gallo battagliero apprestiamo maggior copia di cibo che al suo vigliacco avversario; in quanto all’uomo poi non importa mansueta indole, nè si bada a cuor generoso. — Io per me torrei piuttosto diventare un Asino, che vedere il vituperio della gentaccia vulgare