Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/69

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al vaglio dove aveva pasciuto la biada medicò, coll’aceto e col fiele le piaghe di un popolo desolato e in premio delle liete accoglienze gli disse vituperio. Colà in Grecia la sua Musa, sentendo un po’ di passione per riverbero, cantò onestamente di seconda mano le glorie antiche, i gesti moderni e le speranze future. Appena passato un quarto di secolo, eccolo vecchio, senza capelli, senza denti e senza cuore sputare in faccia alla inconsueta e ormai stantia generosità sua. In sembiante di pubblico penitente, alla presenza della Europa che lo guarda e ride, ora si picchia il petto domandando perdono, se un dì desiderò la Grecia cristiana libera dai Turchi: confessa il peccato di aver contraddetto che le zampe dei Cavalli monsulmani recavano seco la pace, la prosperità, ed ogni bene di Dio, e dal baleno della scimitarra uscisse più lume di civiltà che dai libri di Platone; la Croce di Cristo conficcata nel centro della mezza luna con le punte in su starci proprio d’incanto, come un pargolo nella culla. Su nell’Olimpo ei non vede più Numi, bensì Mercurio fatto pirata, Giove palicaro, gli Dei Consenti klefti420 compreso le donne; le sponde del Caistro pantani, domicilio di Ranocchi, il fonte di Aganippe dove venivano ai lavacri le Sante Muse, una vasca da Oche, Socrate un cavadenti, e Maratona un campo da seminarci patate. Davvero egli non