Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, III.djvu/99

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antico, il quale dei doni compartiti ai mortali dai Numi ottimi massimi giudicarono primo la forza, secondamente la bellezza e per ultimo la sapienza. Di vero bellezza melensa e fregio di cortigiana; sapienza imbelle, amaritudine di spirito. Il cuore codardo abbuia lo intelletto così, che l’uomo vinto dalla paura va come ebbro, ed io l’ho visto troppo più spesso, che Asino dabbene poteva sopportare. Io sono colui, che suscito nei petti guerrieri il sacro furore delle battaglie. Quando il terreno trema e l’aria va ingombra di tenebre di tratto in tratto squarciate dalla procella di fuoco: quando i combattenti esitano a inoltrarsi calpestando i petti dei compagni mutilati e raccapricciano di tuffare i piedi fino alla caviglia nel sangue e le ossa trite a diritta e a mancina schizzano fatte esse pure strumento di morte, e il baluardo apparisce vermiglio come i balconi ornati di damasco rosso nella festa del Corpo di Cristo, e dalle feritoie sbuffano i cannonieri pari a teste di Demonii insaziabili a divorare anime e corpi, ditemi chi è che vince il pianto e le bestemmie dei feriti? Chi il rantolo dei moribondi? Chi versa nel petto dei feroci nuova onda di rabbia a mo’ di olio di vetriolo sopra carboni accesi? Chi? Io Asino, con la mia pelle convertita in tamburo. Oh! per quanto amore portate a Dio, state cheti; non mi favellate di gloria, nè di Patria, che io ho conosciuto