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Nebbia in montagna 97

siamo sull’immaginare, facciamo conto che viva e cercate di entrare nella sua testa e di mettere insieme colla fantasia tutta la infinità delle sue sorprese. Aveva lasciato il mondo colla toga e lo ritrova bracato come i Galli dei tempi suoi. A che servono i cappelli a tuba? E che scopo può avere il colletto inamidato che sega le orecchie? E gli orologi da tasca? E i portafogli pieni di cartaccia unta? E le botti? E i tramways? E i liquoristi? E i frati? ecc.

Un oratore che ebbe tanta parte nelle vicende del suo tempo, cercherebbe subito il Foro, e ci troverebbe gli scavatori. Se qualche professore di Università arrivasse a capire il latino del povero resuscitato, lo manderebbe a Montecitorio e il presidente Marcora lo farebbe assistere alla tornata dalla tribuna dei Senatori. Immaginatevi pure l’Arpinate che assiste alla discussione, mettiamo di un bilancio, e ascolta attentamente un’orazione dell’on. Santini. Immaginatelo anche spettatore di una di quelle sedute briache dove non si sentono che le parole, ora divenute parlamentari, di asino, porco, vigliacco e peggio. Il povero diavolo scapperebbe immediatamente dopo le prime frasi, perchè.... come ho detto, non intenderebbe l’italiano.

E non intenderebbe il telegrafo: la locomotiva lo spaventerebbe, e ad ogni passo proverebbe una sorpresa nuova e stravagante. Come deve rimanere un romano dell’epoca di Cesare vedendo un romano dell’epoca di Vittorio accender la pipa con un fiammifero! E come rimarrebbe chi scrisse della natura degli Dei, dando una occhiata alla nostra santa religione!