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180 Brani di vita


Io direi che non si concilia perchè altro è il poema scaturito dalla fantasia libera, altro il trattato di calcolo in cui debbono essere esatte anche le frazioni infinitesime. L’Ariosto fa morire alcuni personaggi che tornano in scena pochi canti dopo. In quel glorioso poema di bronzo che sono le porte del bel San Giovanni, troverete nella stessa formella gli stessi personaggi rappresentati in episodi, in casi diversi, senza alcuna cura di cronologia o di verisimiglianza. Certo che nella mente di questi maravigliosi artisti era già tracciato il piano, l’architettura dell’opera, ma volerla misurare, come fecero troppi comentatori per la Comedia, voler calcolare palmo per palmo, centimetro per centimetro, la lunghezza di un girone o la superficie d’una bolgia, mi pare, a dir poco, esagerazione. In un quadro così enorme, il pittore trascura le minuzie. Michelangelo, nel Giudizio, non cura i particolari, non rende i peli e le rughe come un pittore olandese, come il Meissonnier, come la fotografia, e così Dante può bene aver fatto le ombre ora più, ora meno salde, come gli talentava, come gli giovava meglio per l’effetto che voleva ottenere, e quando noi gliene chiediamo conto, come se la Comedia fosse un libro mastro in cui debbono essere giustificati sino i centesimi, mostriamo forse più scioperataggine che saviezza.

Comunque sia di tutto questo, il Poeta che, viaggiatore curioso ed intelligente, si fermava o rallentava il passo per vedere o per ascoltare, è rimbrottato secondo il solito dal Maestro, il quale voleva far presto a compiere la sua missione: