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Finta battaglia 217

distanza sembrava immobile e il sole la faceva risplendere come una lama d’acciaio. I soldati stavano silenziosi coll’arma al piede, e gli artiglieri tacevano, pronti, accanto ai pezzi. Non si moveva una foglia, non si sentiva un respiro; solo dai querceti che stanno sotto al monte, veniva su una vocina di donna, raggentilita dalla distanza, e cantava la vecchia canzone:

Ti voglio bene assai,
Ma tu non pensi a me....


Mi riscosse la voce del tenente, che diceva: Chiudano bene l’otturatore!

Il tenente, che scrutava giù con gli occhi, tese a un tratto il dito ed esclamò: — Eccoli là! — Nel punto stesso, da una casetta color di rosa, un poco sotto noi alla nostra sinistra, si alzò un nuvolo di fumo. Dopo alcuni secondi ci giunse il rimbombo della prima cannonata.

— Primo pezzo.... fuoco! — Secondo pezzo.... fuoco!

Non avevo mai sentito le cannonate così da vicino, e vi assicuro io che sentirsene a sparar un paio a tre metri di distanza fa un curioso effetto! Il corpo riceve come uno scappellotto complessivo equamente distribuito su tutta la sua superficie, e dentro si prova un rimescolamento commotivo ed istantaneo che, come sensazione piacevole, lascia molto a desiderare. Le orecchie poi sembrano una platea burrascosa. Fischiano, figli miei!

Il nemico aveva quattro pezzi, ma noi avevamo