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218 Brani di vita

il vantaggio della posizione. Ad ogni nostra innocua cannonata diminuiva il senso di scotimento che avevo provato in principio, e mi esaltavo sempre di più e dicevo bene! come un generale che applaude un bel colpo. Dovevo esser leggermente ridicolo, ma il tenente non mi badava. Le signorine di casa, rassicurate, prendevano parte alla battaglia incruenta dal terrazzo, con gli ombrelli bianchi, ed il tenente soffriva di distrazioni. Mi pareva proprio di camminare in un bozzetto di Edmondo De Amicis.

L’artiglieria nemica dovette ritirarsi e noi la salutammo con le ultime salve: ma la casa di color rosa era ancora fortemente occupata dalla fanteria, e sulla cresta della collina, tra le macchie cedue alla nostra sinistra, cominciarono a levarsi i fiocchi grigi del fumo della polvere ed a crepitare le fucilate. Vidi il maggiore ritto sul suo cavallo bianco che si staccava magnificamente sul turchino cupo del cielo. Aveva il braccio teso, e subito dopo la tromba squillò l'avanti, e mi parve che quello squillo chiamasse anche me. Lasciai l’artiglieria e mi cacciai giù per le fratte a raggiungere i combattenti.

Quel mio maggiore era indiavolato e non c’era modo di arrivarlo. Lo vedevo di quando in quando comparir su, sopra una cima, sempre diritto sul cavallo, sempre col braccio teso e poi sparire come una visione. E la tromba squillava sempre l’avanti e il crepito delle fucilate s’allontanava sempre.

Per fortuna conosco le scorciatoie e raggiunsi il mio corpo: con la lingua fuori, ma lo raggiunsi.