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Pagina:Guerrini - Brani di vita.djvu/254

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244 Brani di vita

mezzogiorno. Ho perduto la nozione esatta del dì e della notte e questa interruzione di un’abitudine più che cinquantenne spesso mi dà sui nervi. Ma deve esser colpa mia. Sento infatti nella camera qui accanto S. E. il cardinale Vives y Tuto che russa, se non armoniosamente, almeno placidamente. A lui il giorno implacabile non reca noia. Ha sofferto un poco nel doversi avvezzare alla birra, perchè qui non c’è che vini di lusso a prezzi mostruosi e lo sento ancora brontolare: “maldita cerveza!” Ma ora la beve bene.

Quanto agli Esquimesi, sarà meglio non parlarne. L’unto che li vernicia, il puzzo d’olio di pesce che li avvolge e altre non belle cose che taccio, consigliano il silenzio.

Dico solo questa, che Tapioca, l’Esquimese semicivilizzato, mangia colle dita e si pulisce il naso... Il resto lo dirò un’altra volta.

Che cosa ho fatto qui? La cura dell’ozio che mi fu raccomandata dai medici. Ma i ghiacci cominciano a diventar fitti all’ingresso della baia e domani partiremo quasi tutti col postale per Tromsöe.

Imagini, se dovessi rimaner bloccato dall’inverno, coll’albergo chiuso, a svernare cogli Esquimesi!...

Parto dunque domani: anzi oggi, poichè il sole è alto e suona il tocco dopo mezzanotte.

Mi creda se mi vuol credere.