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Da capo 257

terizzare il male a suo tempo, non quando lo vediamo cronico e pressochè incurabile. Il male ha inquinato le sorgenti della vita.

Nel paese entrò la persuasione, speriamo errata od esagerata, che l’immorale, pur che sappia arricchirsi, gode, più che l’impunità, gli onori. Si crede più alle clientele che al diritto, più alla raccomandazione di un deputato che alla giustizia. Nessuno, quando un birbante vi stende la mano, ha il coraggio di tener le mani in tasca. È la birberia che riscuote l’ammirazione, non l’onestà, e chi è frodato dal mercante, pure lagnandosene, prova un certo senso di compiacente rispetto per la furberia del frodatore. Sotto i nostri occhi vediamo tutti i giorni le fraterie eludere la legge con trasparenti artifici di prestanomi e di finzioni che non ingannerebbero Pulcinella e la legge si lascia eludere, nessuno ne parla, anzi forse troppi ammirano. La funzione della sincerità è abolita nell’etica italiana.

E allora, come volete rinnovare e che cosa? Quando si è educato un popolo a questo modo, colle massime di un comodo scetticismo e coll’esempio della più tranquilla indifferenza all’imperativo della morale; quando l’eredità e l’esperienza hanno instillato nel sangue e nei cervelli l’assoluta inutilità, anzi talora il danno della correttezza e dell’onestà, quando si è insegnato o lasciato insegnare che la rispettabilità di un uomo non si misura dal candore della coscienza ma dalla pinguedine della borsa; quando si è capito che per fare il proprio comodo,