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28 Brani di vita

era piena di ammirazioni, di esclamazioni, di iperboli e di altre maraviglie poetiche, dopo l’apparizione dei trionfali piedini. Doveva averci letto l’elogio della sua bellezza, l’elogio appassionato e sincero che ogni donna, anche di intelligenza corta, capisce subito. Che non se ne fosse avuta a male, lo capivo: nessuna donna si offende se la ammirano; ma che non ne avesse arrossito, anzi che nemmeno ci si fosse provata, mi parve strano per una dama dell’Opera Pia dei Ciborii. Ad ogni modo, mi levai, abbassai la tendina, dicendo, come si usa:

— Se incomoda la signora....

Non aspettavo risposta. Invece udii la sua vocina fresca e chiara dirmi:

— Grazie; proprio il sole scotta....

Io era sbalordito: ella aveva alzato gli occhi il ghiaccio era rotto.

Si seguitò, s’intende, a parlare del sole e della pioggia, ma presto si cascò nella letteratura. Io passava di sorpresa in sorpresa e non avrei mai creduto, che la padrona di due piedini così piccoli e calzati con tanta eleganza, potesse avere una coltura letteraria così fine e giudiziosa. Mi recitò tutta quanta l’Aspasia del Leopardi, ed a Ferrara ricordammo ella il Tasso ed io Eleonora. Il sole saettava le sue fiamme nei finestroni del castello degli Este che pareva divorato da un incendio interno, e parlammo poco di Lucrezia Borgia e molto di Ugo e Parisina.