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Ancora in biblioteca | 59 |
namente minuto, che assorbe ogni attività e tronca ogni iniziativa.
Ah, se il Muratori invece di vegliare la notte sulle sue care pergamene per ridestarne la vita dei secoli passati, avesse dovuto compilare una statistica o riempire gli scontrini attestanti il carico e lo scarico davanti al tribunale dell’Economato o della Corte dei Conti! Fortunato lui che aveva un padrone solo! Oggi i bibliotecari ne hanno cento e tutti costoro desiderano, chiedono, vogliono qualche cosa, allungando il naso e le mani ad ogni minuto e diffidente controllo, pur di illudersi di aver così fatto gran cosa in servigio degli studi e delle scienze! Altri tempi, serenissimi padroni!
Nè è da darne colpa alle persone. Sono i tempi che vogliono così, non solo nelle biblioteche ma da per tutto. Dove non è libertà, non ha luogo iniziativa alcuna e la sterilità è fatale. Sono i tempi! Allora era possibile combinare una Società editrice dei Rerum Italicarum, ma oggi, chi tentasse di trovar dieci firme a cinque mila lire l’una, faticherebbe a trovarne due, ed è storia. Se la sottoscrizione fosse per una acciaieria o una fabbrica di concimi, non dico; se poi per un convento, si troverebbe il doppio in poche ore.
Queste malinconiche meditazioni sono troppo naturali a chi legge l’epistolario muratoriano. I bibliotecari hanno fatto le biblioteche, ora i regolamenti e le indiscrete ingerenze stanno disfacendole. Sicuro che di uomini come il Muratori, ne nasce uno ad ogni secolo se pur nasce; sicuro che la mancanza