Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/102

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— lo rimproverò dolcemente Oretta appena rimasero soli.

— Bambina, lo vedo per la prima volta, — rispose egli accarezzandole i capelli d’un biondo acceso, scendenti lungo le guancie tutte rosee d’emozione. — Lo sai che mi è difficile mostrarmi espansivo con gli estranei.

— Dunque, che impressione ti ha fatto? — ella domandò trepida, sollevando il volto per guardarlo negli occhi.

Ma Fabio Lucani distolse lo sguardo fingendo di contemplare il soffitto e rispose evasivo: — Ecco, ti dirò; gli ho parlato così poco che non potrei giudicare della sua intelligenza. Questo per il morale, quanto al fisico non c’è male. Io non gli farei certo un ritratto, ma tu non lo guarderai con l’occhio pittorico; e basta.

— Non ti capisco, zio, non ti capisco, — ripetè Oretta inquieta. — Si direbbe che Guglielmo ti è riuscito molto antipatico.

— Che dici, bambina mia? Antipatico qualcuno che piace a te e che tu ami? No, no, rassicurati. Tu lo hai incontrato due mesi fa ai bagni di mare, e fra altri due mesi sarai sua moglie; tu, la piccola Oretta diverrai la signora, anzi la contessa Laura Bonventuri, e mentre mi lascerai io ti darò la mia santa e quasi paterna benedizione. Sei contenta ora?

Egli parlò circondando col suo braccio le spalle della nipote e la sua voce sempre così