Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/103

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ferma da sembrare talvolta rude, vibrò lievemente prima d’ironia poi di commozione. Ma Oretta, assorta nei suoi pensieri d’amore e di nozze, non se ne accorse.

Così avvenne che due mesi e mezzo dopo il pittore Lucani accompagnò alla stazione sua nipote, la quale, terminate le varie cerimonie, partiva per Parigi con suo marito, e mentre egli l’abbracciava nello scompartimento riservato del treno di lusso, tutto ingombro di valigette, di mantelli e di fiori, il suo volto appariva così pallido e i suoi occhi così smarriti che Oretta si spaventò.

— Ma zio, tu stai male, — gli disse stringendogli le mani alle tempia e fissandolo ansiosa in volto, ma egli si sciolse dolcemente dalla stretta di quelle piccole palme inguantate e impresso un ultimo bacio sul bel viso adombrato dal velo, discese in fretta e s’allontanò. Quasi di corsa, per le strade pressochè deserte di quell’ora meridiana, si diresse al suo studio, salì i quattro piani e si rifugiò in quell’angolo di mondo tutto suo e così pieno di soavi memorie.

— È partita, è partita, — egli si diceva andando concitatamente a rapidi passi dalla terrazza allo studio e dallo studio alla terrazza e gli pareva che in quelle due parole fosse racchiusa la sentenza malinconica di tutta la sua vita. Mai, nemmeno tanti anni innanzi, quand’era stato abbandonato da un’a‐