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110 il cuore malato

ella gli gettò uno sguardo d’odio. Sentiva di detestare quell’uomo penetrato nella sua vita in un’ora così penosa, il quale la costringeva per una necessità brutale dell’esistenza a dissimulare il suo profondo male, a parlare mentre la sua gola era piena di singhiozzi, a sorridere mentre la sua bocca si contraeva nel pianto. Quei giorni che ella credeva destinati al suo amore e ad una intimità carezzevole e dolce di tutte le ore, le si mutavano nell’umiliante martirio d’ammansare un vecchio misantropo ricco, d’accarezzare un vecchio orso ringhioso per indurlo a non lasciarla morire di fame.

Il conte Alberto Corsi non riusciva a comprendere il contegno di sua moglie verso don Eusebio ed ogni sera entrava nella sua camera a chiedergliene ragione ed a rimproverarla sempre più stupito e più collerico.

— Ma tu impazzisci, credo, per sogghignare a quel modo mentre lo zio parla. Ti ho fissata due o tre volte, ma tu continuavi a ridere guardando il soffitto come se ti burlassi di lui.

— Io ho sogghignato? — chiedeva stupefatta donna Giacinta.

— E un’altra volta non hai risposto ad una sua domanda, e un’altra volta ti sei messa a torcerti le mani come se ti pigliasse la frenesia.

— Io ho fatto questo?