Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/137

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l’ospite 127


Questa le alzò per un momento in faccia due freddi occhi grigi, l’ascoltò attenta, poi riabbassò sul lavoro il suo volto chiuso di fanciulla timida e superba, senza parola.

Subito la schietta gioia di Olga, una di quelle serene gioie che tanto raramente ella gustava, s’offuscò sotto quello sguardo e cadde. Le due cognate, costrette a vivere nella stessa casa, non si amavano; esisteva fra la giovinezza ritrosa e proterva di Germana e la maturità tediata e amara di Olga una silenziosa ostilità, una velata insofferenza che le teneva lontane e straniere pur nella quotidiana convivenza, pur nell’avvicendarsi quasi eguale dei loro giorni. Entrambe solitarie per una loro intima fierezza: l’una separata nell’anima da un marito buono e volgare, l’altra ancora oppressa da una angoscia di attesa o forse da una minaccia di troppo prolungata solitudine. L’una più esperta e più abile sapeva apparire men cruda, talvolta quasi amabile, dissimulando bene lo scontento e la noia; ma la più giovine, meno accorta, non addolciva la sua asprigna acerbità, solo la copriva di lunghi silenzi impenetrabili.

L’ospite, Renato Faris, si trovò d’un tratto fra queste due donne per le quali egli rappresentava la novità impreveduta di oggi, forse la promessa oscuramente dolce di domani, e guardandole entrambe e paragonan-