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162 questa è la verità

verità, — ribattè con forza Sergio Kadar, sottraendosi con sdegno ai gesti concilianti del suo rivale.

Ma questi non si scompose, nè mutò il tono leggermente canzonatorio della sua voce.

— Nei nostri paesi, carissimo signor Kadar, — gli spiegò con calma offrendogli una sigaretta che l’altro rifiutò con disprezzo, — l’amante non ha l’abitudine di raccontare queste cose al marito tradito. Se ne incarica per lo più un amico intimo, una lettera anonima, il caso. Il colpevole no; a meno che non sia un imbecille od un farabutto.

— Signore, io non sono nè un imbecille nè un farabutto! — protestò l’ungherese stravolto, picchiando al suolo il suo piede speronato.

— Non ne dubito affatto, — affermò Olinti — ed è perciò che vi faccio l’onore di non dare importanza alle vostre parole. Ed ora addio, caro signore, — soggiunse osservando il suo orologio, — io parto fra mezz’ora e mia moglie mi aspetta.

S’allontanò pel viale ed incontrò subito Bianca che lo cercava dovunque, dominando a stento una terribile ansia. Ma il sorriso tranquillo di suo marito la rassicurò.

— L’ungherese ha voluto salutarmi. È un pazzo curiosissimo.

— Davvero? — sorrise Bianca mordendosi