Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/212

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202 andante appassionato

malinconia del passato parve abbattersi d’un tratto su di lui, in quel vecchio giardino pieno d’ombre note, dov’egli aveva vissuto l’unica sua passione, dove il primo e l’ultimo grande amore della sua vita l’aveva travolto insieme a quella donna in un vento di temeraria follìa. Perchè, perchè non se l’era portata seco, lontano, al di là dei mari ad alleviargli con le sue braccia appassionate le rudi fatiche ed i quotidiani sforzi della sua corsa alla ricchezza? Perchè l’aveva lasciata intristire e intorpidire nell’abbandono, mentre ella aveva in sè tanta forza per amare e per essere amata?

Rare e incerte notizie gli erano giunte della malattia d’Evelina e nessuno aveva saputo o voluto informarlo su di essa con esattezza e con assiduità. Ella, dopo un’ultima lettera disperata nella quale gli chiedeva invano il permesso di raggiungerlo, s’era taciuta per sempre e quel silenzio gli era sembrato terribile più di tutte le più desolate parole.

Ora egli sapeva che ogni speranza era finita per lei, che ella non era più che un’ombra del passato, una rovina umana, una incosciente per cui la morte è una dolce liberatrice e s’accorgeva al tempo stesso che egli era tornato in patria per lei sola, per vederla in tutta la tristezza del suo stato presente, così come l’omicida ritorna fatalmente a contemplare la sua vittima.