Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/26

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16 la falena e il lume

vano. Quando lasciammo il collegio ella continuò a scrivermi per un anno riempiendomi le lettere di non-ti-scordar-di-me e di viole del pensiero, finchè mi annunziò che sposava un medico, suo lontano parente e non ne seppi più notizia.

In quel tempo cominciò per me una vita molto agitata perchè mio padre, acquistata quasi di colpo, in una impresa assai arrischiata, una grande fortuna, fu preso dalla smania dei viaggi e ci trascinò dietro in automobile per mesi e mesi me e mia madre, cameriera e bauli, di qua e di là per l’Italia, per la Svizzera e per la Francia, stancandoci a morte e lasciandosi intanto frodare allegramente e impunemente dai suoi segretari.

Tu sai che un triste giorno, quand’egli s’accorse dell’imminente rovina, se ne andò volontariamente dalla vita con un colpo di rivoltella lasciando noi due sole, indifese, atterrite e, se non povere, grazie alla dote ancora intatta di mia madre, certo in tali condizioni morali e sociali da farci ricercare la solitudine e l’isolamento, come due povere abbandonate, vergognose del nostro nome e costrette ad espiare ormai una colpa non nostra.

Mia madre dopo un paio di anni incominciò a soffrire di cuore ed una notte ella fu assalita da una crisi così inquietante del male,