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volte soggiornato, ma vi si erano opposte diverse piccole circostanze della realtà materiale ed egli aveva affidato all’intimo amico quella delicata e segreta missione.

L’intimo amico, Umberto Deiva, aspettava alla stazione il treno in ritardo e si domandava con qualche curiosità quale figura di donna gli sarebbe apparsa fra poco. Se lo chiedeva anche con una certa inquietudine perchè questa avventura fulminea e bizzarra di Claudio Montale non piaceva al suo spirito calmo o riflessivo. Egli aveva anni prima compresa e quasi secondata la passione di Claudio per l’altra, che era una giovine attrice libera e sola, ma non perdonava facilmente all’impetuosa natura dell’amico questo traviamento di una donna maritata, questo distoglierla da uno stato onestamente famigliare e tranquillamente sicuro per un altro, sia pure più attraente, ma creato dalla passione e perciò instabile ed agitato.

Il convoglio entrò nella piccola stazione fumosa e bituminosa con uno squillare rauco di trombetta, discesero alcuni contadini e un prete, quindi allo sportello di uno scompartimento di prima classe apparve una figura snella vestita di nero, avvolta in un fittissimo velo. Umberto Deiva le andò incontro e le si presentò col cappello in mano:

— Sono l’amico di Claudio Montale, signora, e vengo per parte di lui a riceverla.