Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/31

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la falena e il lume 21

e forse la più bella che mi era rimasta sconosciuta.

Meditavo così da alcuni giorni esasperando la mia già consueta malinconia, quando Ermanno Vallè giunse a villa Sofia per rimanervi una settimana. Naturalmente io chiesi subito per me la camera destinata agli ospiti, ma nè la mia amica nè suo marito mi permisero di lasciare la stanza fino allora occupata. Io mi alzavo già qualche ora del giorno e passavo i pomeriggi sopra una veranda un poco simile a questa, dinanzi ad uno sfondo verde e azzurro, d’alberi e d’acque, quasi eguale a quello ritrovato qui. Ed Ermanno mi teneva compagnia mentre Sofia, che era un modello di padrona di casa, si occupava di cure domestiche. Egli come me aveva viaggiato molto e rievocavamo insieme città vedute da entrambi e cose rimaste nel ricordo di entrambi, paesaggi lontani, indecisi, sfumati, quasi fatti irreali dalle nebulosità della memoria. Ed io mi accorgevo di non seguire qualche volta il nostro discorso per guardare la sua fronte, dove alcune sottili rughe orizzontali si formavano e scomparivano rapidamente mentre egli parlava, come l’increspatura di un’onda. Ed intanto pensavo alle parole di Sofia: «Sono felice: ho un marito infinitamente superiore a me che mi ama».

Sì, veramente ella poteva dire di non meritare la bontà del destino verso di lei, e